Fare impresa oggi può essere un percorso a ostacoli, e la vicenda che raccontiamo lo dimostra chiaramente. Un imprenditore di Martina Franca, dopo aver avviato con successo una rosticceria nella sua città, ha deciso di espandersi aprendo una seconda attività a Taranto. Tuttavia, appena un mese dopo l’inaugurazione, ha dovuto affrontare problemi che rischiano di compromettere i suoi sforzi.

Lavori di ristrutturazione: locale bloccato

Il negozio di Taranto si trova in un edificio sottoposto a lavori di ristrutturazione appena un mese dopo l’apertura. La situazione, pur legittima, si è trasformata in un incubo per l’attività. Transenne, impalcature e un bagno chimico sono stati posizionati davanti all’ingresso del locale, rendendo impossibile l’accesso diretto. I clienti possono accedere solo lateralmente, ma la presenza del bagno chimico, collocato di fronte all’ingresso, emana cattivi odori che scoraggiano ulteriormente i clienti, soprattutto considerando che si tratta di un’attività alimentare.

Una richiesta semplice: poter lavorare

L’imprenditore non ha chiesto sconti o agevolazioni, ma semplicemente di poter lavorare. “Chiedevo che rendessero l’ingresso agibile, spostando il bagno chimico e le transenne, in modo che i clienti potessero entrare”, racconta. Tuttavia, né il proprietario dell’immobile né l’impresa che esegue i lavori hanno trovato una soluzione. L’impresa dispone di tutti i permessi necessari, mentre il proprietario non ritiene che la questione sia di sua competenza e continua a esigere il pagamento del canone d’affitto.

Un’attività in stallo

La situazione ha avuto un impatto devastante sull’attività di Taranto: i ricavi si sono praticamente azzerati. Nonostante ciò, l’imprenditore continua a pagare 1.000 euro al mese di affitto, oltre alle spese per il personale e le utenze. “È il negozio di Martina Franca che sta coprendo le spese di Taranto”, spiega, evidenziando come questa situazione stia mettendo sotto pressione l’intera impresa.

Un invito alla riflessione

Questa vicenda non rappresenta solo una difficoltà personale, ma invita a riflettere su come gestire situazioni in cui il contesto cambia tra la pianificazione e l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione.

Quando sono stati progettati gli interventi sull’immobile, il locale era vuoto e inutilizzato. Nel frattempo, il proprietario ha affittato lo spazio e questo è diventato sede di un’attività commerciale. Tuttavia, chi ha preso il locale non poteva immaginare che gli interventi sarebbero stati organizzati in modo tale da bloccare l’ingresso con transenne e un bagno chimico.

L’impresa edile ha operato nel pieno rispetto dei permessi, ma resta aperta la questione su come affrontare situazioni di questo tipo. Quando un immobile vuoto viene affittato e diventa sede di un’attività commerciale, non sarebbe opportuno adattare i permessi per ridurre al minimo i disagi per il nuovo esercizio?

Servono regole chiare, ma anche buonsenso e sensibilità per evitare che situazioni come questa si ripetano. Un imprenditore che crea lavoro e valore non può essere lasciato solo, bloccato da transenne, burocrazia e indifferenza. Se l’Italia vuole davvero crescere, deve imparare a tutelare chi, con il proprio lavoro, sostiene il benessere economico e sociale del Paese.

Luciana Convertini

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